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PARTE PRIMA

 

Premessa

Se ritieni che questa riflessione possa già partire da un pregiudizio negativo sui migranti in generale, ti consiglio di non andare oltre nella lettura, perché ti introdurresti in queste argomentazioni con una errata predisposizione, che non ti aiuterebbe a cogliere il vero scopo di questa ricerca, che ha come parametro fondamentale la ricerca della verità.

 

L'incipit

Questa riflessione prende spunto dallo stralcio di una lettera aperta ad Al Baghdadi (califfo dell’autoproclamato Stato Islamico – ISIS) di 126 leader e studiosi musulmani, pubblicato, senza alcun commento, nel foglietto settimanale parrocchiale del 18 gennaio 2015 della comunità alla quale appartengo.

Riporto lo stralcio:

“ […]   conclusione: L'Islam è misericordia e i suoi attributi sono misericordiosi. Il Profeta, che è stato inviato come misericordia per tutti i mondi, ha riassunto le relazioni che un musulmano deve avere con gli altri dicendo: “Colui che non avrà misericordia, non riceverà misericordia”; e ancora: “Abbi misericordia e riceverai misericordia”. Come si può constatare da tutto quanto è stato sopra menzionato, voi avete interpretato male l'Islam facendone una religione di durezza, brutalità, tortura e assassinio. Come abbiamo illustrato, si tratta di un gravissimo errore e di un'offesa all'islam, ai musulmani e al mondo intero.

Riconsiderate tutte le vostre azioni, desistete da esse; pentitevi di esse; smettete di fare del male ad altri e tornate alla religione della misericordia. Dio dice nel Corano: “Di': servi miei, che siete stati intemperanti, non disperate della misericordia di Dio. Perché Dio perdona ogni peccato, egli è l'Indulgente, il  Compassionevole.
(Il testo completo in varie lingue con l'elenco dei firmatari si trova in:  www.lettertobaghdadi.com traduzione italiana in Il Regno – Documenti, n.21/2014)”.

 

L'antefatto

L'attentato alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi era avvenuto una decina di giorni prima (il 7 gennaio 2015), suscitando grande sgomento non solo in Europa, ma nel mondo intero.

Non potendo ben comprendere il motivo della pubblicazione di quello stralcio di lettera, priva, tra l’altro, di alcun commento che potesse spiegarne il contenuto, ho deciso di indagare autonomamente sulla questione.  

Posso comunque intuire (ma è una mia impressione personale) che lo scopo  di quella pubblicazione fosse quello di rassicurare la nostra gente, già interessata, se pur in termini contenuti, da presenze extracomunitarie provenienti dal Nord Africa  e, di esse, molte di fede musulmana.

Come tutti, anch’io mi sono sentito coinvolto emotivamente dall’oceanica manifestazione parigina in risposta agli episodi terroristici compiuti dall’Isis a Parigi, ma non ho condiviso né il motto “je suis charlie” (perché je suis chrétien, e basta!), né il diritto di offendere i sentimenti religiosi di chicchessìa nel nome di una presunta libertà di fare satira comunque.

Meno male, mi son detto, che anche il Corano proclama la misericordia, il perdono, l’indulgenza e la compassione come valori da perseguire. Quindi, la brutalità e la crudeltà delle azioni criminali dell’Isis, che i media stanno insistentemente proponendo in questi giorni, sono da attribuire esclusivamente a gruppi cosiddetti “fondamentalisti” ben definiti,  non all’intera realtà islamica.

 

Ma è proprio così?

Non conosco il Corano e non l’ho mai consultato neppure per curiosità, per cui ho avvertito la necessità di documentarmi, seppure molto sommariamente e soltanto sui contenuti di alcune sure che ho scoperto essere, a dir poco, per me scioccanti, e che numerosi commentatori non esitano a definire vere e proprie istigazioni alla violenza nel nome di Allah.

Nelle mie ricerche, poi, mi sono imbattuto anche in un articolo di Alessandro Bertoldi, a commento di un interessante incontro sull'Isis, organizzato nel mese di ottobre 2014 (prima dei fatti di Parigi) dalle comunità islamiche locali e associazioni affini, nel Comune di Bolzano.

L’ho trovato personalmente interessante e condivisibile in buona parte delle obiezioni in esso contenute, per cui lo riporto integralmente:

 

“Nei giorni scorsi ho partecipato in Comune a Bolzano ad un interessante incontro sull'Isis organizzato dalle comunità islamiche locali e associazioni affini. Devo dire che ho riflettuto fino ad oggi sulle parole dei relatori e bisogna rendere loro atto della forte e inequivocabile presa di distanza e ferma condanna rispetto allo Stato islamico, alle organizzazioni terroristiche di simile natura e alle loro barbare azioni. Da elogiare anche la volontà di far conoscere e far comprendere un islam diverso, quello cosiddetto moderato e pacifico che certamente loro rappresentano e probabilmente di cui sono interpreti la maggior parte dei mussulmani nel mondo, da definire non moderati, ma pacifici. Ci sono però altri elementi di non secondaria importanza che chi analizza il problema dei fondamentalisti e dei terroristi islamici deve affrontare. Parlo dell'analisi delle cause della nascita di questi movimenti, in particolare dell'Isis, della loro natura e delle possibili soluzioni al problema. Aspetti che durante la conferenza sono stati affrontati superficialmente e con rapidità, ma soprattutto ai quali sono state date delle risposte che mi lasciano perplesso, se non preoccupato. Pare infatti che i relatori abbiano individuato come cause delle politiche occidentali sbagliate nelle regioni interessate ed in particolare in Medio Oriente. Possono davvero questi esperti di Islam attribuire le colpe della nascita di devianze, comunque appartenenti alla loro religione, alle strategie politiche di noi occidentali? Sicuramente noi abbiamo fatto gravi errori e non sempre in buona fede, come voler portare la democrazia in Paesi oggi ingovernabili e incontrollati, ma se nascono movimenti estremisti e violenti all'interno dell'Islam non è certamente e direttamente imputabile agli Stati Uniti ed ai suoi alleati. Le cause vanno cercate altrove. Esistono pezze d'appoggio per questi criminali nella dottrina islamica e nel Corano? Purtroppo esistono eccome e se anche l'islam come tutte le religioni professa generalmente la pace, il profeta Maometto ha preso parte a decine di guerre ed in diversi versetti del Corano predica la violenza senza esitazioni e cita centinaia di volte parole come jihad, violenza, sharia, infedeli e molte altre. Dopo che i relatori della conferenza hanno letto versetti del Corano che parlano di pace mi sono chiesto per un momento se davvero l'islam fosse una religione di pace come lo sono cristianesimo o ebraismo, e sempre nel Corano ho trovato la risposta. Quelle parole di pace si riferivano alla pace nell'islam e tra i mussulmani, non di certo a una pace universale anche con gli "infedeli". La pace è centrale solo nei tempi di pace e nell'islam. Cito alcuni versetti contenuti in alcune parti del Corano, nella versione tradotta in francese e poi in italiano e accettata dalle Comunità islamiche europee. [Corano 2:91] “Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell’omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti”. [Corano 4:89] “Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici, né alleati”. [Corano 4:91] “Altri ne troverete che vogliono essere in buoni rapporti con voi e con la loro gente. Ogni volta che hanno occasione di sedizione, vi si precipitano. Se non si mantengono neutrali, se non vi offrono la pace e non abbassano le armi, afferrateli e uccideteli ovunque li incontriate. Vi abbiamo dato su di loro evidente potere”. [Corano 5:33] “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso”. [Corano 8:12] “E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: “Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo [decapitateli], colpiteli su tutte le falangi!”. Infine, come chiunque abbia letto può constatare, oltre a non essere una religione di pace l'islam è anche una religione di odio: [Corano 5:51] “O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni [versione francese: “… gli ebrei e i cristiani”], essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti.” [Corano 9:30] “Dicono i giudei: “Esdra è figlio di Allah”; e i nazareni dicono: “Il Messia è figlio di Allah”. Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati!” È ovvio che chi vuole seguire nella vita questi versetti e veda come invasioni i nostri interventi di pace non possa che praticare quel che pratica oggi l'Isis, la guerra all'infedele, questo indipendentemente da ragioni geopolitiche o economiche. Concludo, senza dover fare ulteriori considerazioni nel merito perché le sacre scritture islamiche parlano chiarissimo. La soluzione a tutto questo qual è? Come proponeva l'imam di Trento istituire un tavolo di pace con i terroristi oppure sostenere le politiche dell'Iran, visto che ascoltare il suo discorso o quello che ho sentito pronunciare all'Onu dal presidente iraniano non è stato molto diverso? Non credo. Allora, cari imam, cari fratelli musulmani, potete confermare che l'Islam sia in assoluto una religione di pace e che l'Isis non sia di fatto un problema (anche) religioso? Io credo di no e vi chiedo se avete intenzione di promuovere attraverso i vostri leader religiosi una seria riforma della vostra stessa religione, come cristiani ed ebrei hanno già fatto da decenni. Potreste farlo magari proprio rigettando quei versetti che richiamano alla guerra santa, all'odio e alle violenze, probabilmente scritti in tempo di guerra e che oggi andrebbero depotenziati e rigettati. Potreste affermare che l'islam va vissuto nella quotidianità, ma che i tempi sono cambiati e che una secolarizzazione è necessaria, che Paesi come l'Iran non possono essere esempi oggi. Dovete capire che noi "infedeli" siamo fieri di essere tali nell'accezione coranica e non lasceremo mai compiere quelle "missioni" coraniche oggi promosse dall'Isis, da Al-Qaida, da Hamas ed altri. Se intenderete combattere in questi termini il terrorismo e con forza ogni forma di estremismo dall'Italia all'oriente, partendo proprio da una seria riforma teologica, noi "occidentali" saremo di certo tra i vostri più ferventi sostenitori. Ora però vi chiediamo di smettere di mentire e di usare palliativi con noi. Finché non avrete fatto questo fondamentale lavoro e non allontanerete chi anche in Europa, in Italia e purtroppo in Alto Adige tra di voi plaude timidamente alle guerre sante, all'antisemitismo, all'anticristianesimo e alle violenze, non avrete fino in fondo la nostra comprensione e nemmeno avrete la nostra totale fiducia. Il tempo delle scuse è finito, com'è finita la nostra fiducia gratuita. Il mio miglior augurio è che la pace sia con tutti noi.”

Distinguiamo

Parlando di migranti, che in dimensioni ormai bibliche stanno approdando alle nostre coste, ritengo indispensabile fare delle distinzioni per poi passare alla disamina di ogni singola situazione.

Personalmente vedrei una suddivisione in due principali gruppi:

  1. persone, soprattutto quelle deboli ed indifese, che fuggono dai paesi in guerra (penso in particolare alle donne e ai bambini…). Queste sono, da quanto risulta statisticamente, una percentuale minima (8%).

  2. persone abili, non provenienti da paesi in guerra, ma che sono alla ricerca di un futuro migliore. Queste, invece, sono la maggioranza.

Superfluo dire che gli appartenenti alla prima categoria, quando accertato il loro effettivo status di rifugiati, debbano essere accolti.
Per la seconda categoria, invece, a prescindere dai sistemi a volte rocamboleschi e rischiosi per raggiungere il nostro territorio, spiace dirlo, ma vale la legislazione italiana in atto. Accertato il non diritto di asilo, la loro permanenza in Italia è da ritenersi illegittima e, quindi, clandestina. Esistono le convenzioni internazionali che consentono la migrazione da uno stato all’altro, da un continente all’altro, a determinate condizioni, che vanno rispettate. Non c’è buonismo che tenga. Si tratta di serietà, di sicurezza e di dignità dell’individuo.

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Dove sta il problema ?

a. Sotto il profilo sociale:
Il problema sta nell’alta percentuale di migranti di fede islamica.
Non scandalizzi questa affermazione.
Mi riferisco, ovviamente, non tanto ai musulmani appartenenti al primo gruppo, perché si trovano nello stato di emergenza, ma a quelli del secondo gruppo: i clandestini, per intenderci, cioè la maggioranza.

Sono consapevole di addentrarmi ora in un terreno insidioso e qualcuno potrebbe tacciarmi in malafede di islamofobia, ma non è assolutamente vero, perché la religione, quella intesa in senso stretto, in questo caso c’entra poco o nulla.

Chiarisco: Desidero rispettare il pensiero “religioso” di ogni singolo individuo e questo non solo per personale convincimento, ma anche perché lo impone la nostra Costituzione che, all’Articolo 8, stabilisce :

 

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

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Per chi non l’avesse ancora capito, o non volesse capire, l’Islam non è soltanto un credo religioso, ma è una propria concezione della convivenza sociale, basata sulla legge coranica, meglio conosciuta come shari’ah, e ciò è in palese contrasto con l’ordinamento giuridico italiano.  L'Islam, sia chiaro, è indiscutibilmente incompatibile con la nostra Costituzione.  Su questo non v’è alcun dubbio, perché il musulmano non riconosce altra legge alla quale stare sottomesso, se non quella dettata dal Corano.

Ciò premesso, potremmo già dire che non v'è altro da aggiungere e potremmo chiudere il discorso subito qui.

 

Tuttavia, andiamo oltre:

Quello che propone l’articolista di Bolzano Alessandro Bertoldi, cioè di invitare i leader religiosi islamici ad “avviare una seria riforma religiosa”, a mio avviso appare utopico ed impossibile per questi motivi:

  1. Nel Corano, sempre che io abbia compreso bene, quello che è scritto è già legge di per sé immutabile e sicuramente non discutibile.

  2. Ritengo che per il fedele musulmano ripudiare anche solo poche sure, comprese quelle che contengono il principio dell’uso della violenza a scopi religiosi, significhi rinnegare il proprio credo. Scelta, questa, improbabile (se non impossibile) per qualsiasi categoria islamica, anche per quella che si definisce “moderata”, se non altro per i rischi ai quali si esporrebbe. Inoltre, se dovesse eventualmente sopravvenire in qualche fedele lo scrupolo di coscienza nel commettere un atto violento (perché la coscienza è un moto interiore insito in ogni persona ragionevole, al di là di ogni appartenenza religiosa), interverrebbe subito la parola del Profeta a tranquillizzare: “Non siete certo voi che li avete uccisi: è Allah che li ha uccisi” [Corano 8:17].

  3. L’Islam incita alla guerra all’infedele fino alla sua soppressione se non si converte, perché questo è prescritto nel Corano. In poche parole, l’infedele dev’essere comunque combattuto e/o soppresso se non si converte all’Islam. “E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: «Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo [decapitateli], colpiteli su tutte le falangi!»” [Corano 8:12].

 

Allora, a quale misericordia fanno riferimento i leader e gli studiosi musulmani firmatari della lettera ad Al Baghdadi? Certamente alla misericordia tra di loro!

Vorrei tanto che questi studiosi si pronunciassero chiaramente su come debbano essere interpretate oggi, nel mondo islamico e nel mondo occidentale, queste sure che suscitano negli “infedeli” seri e giustificati allarmismi.

In Italia la Chiesa è libera in uno Stato libero.  L’Islam, invece, dà per assunto il principio che lo Stato deve assoggettarsi alla legge del Corano (shari’ah).

Mi chiedo ancora: con l’aumento dell’immigrazione dei musulmani in Italia, se viene loro concesso in maniera scriteriata il diritto alla residenza o alla cittadinanza senza una giurata subordinazione alla nostra Costituzione, con il loro veloce incremento demografico, fra non molto avremo un numero non trascurabile di elettori islamici legittimati ad esprimere le proprie volontà e ad eleggere propri rappresentanti negli Organi amministrativi pubblici costituzionali; quali rischi potremmo correre in futuro per la nostra fede, per le nostre tradizioni cristiane, per la nostra democrazia e per la nostra sicurezza?

 

b. Sotto il profilo religioso

Ѐ ipotizzabile una convivenza pacifica tra musulmani e fedeli di altre religioni, in particolare con i cristiani?

Anche se sono certo che, in cuor suo, il fedele islamico desideri, come tutti, la pace, la serenità, la sicurezza, la fratellanza, perché sono sentimenti insiti naturalmente (e divinamente) in ogni cuore umano, tuttavia, tenuto conto che egli non potrà mai ripudiare anche un solo precetto coranico, sono portato a concludere che la convivenza pacifica tra musulmani, cristiani e fedeli di altre religioni rimarrà solo utopia. In ogni caso sarebbe una convivenza forzata e, di conseguenza, ad alto rischio sociale.

Inutile farci illusioni. Cristianesimo e Islam sono due religioni che percorrono vie diametralmente opposte: quella dell’amore e della fraternità da un lato (…ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori. Mt 5,44), e quella della violenza e dell’odio verso gli “infedeli” dall’altro (…Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici, né alleati… Corano 4:89).  

 

…Che non fraintendano il nostro amore per nostra debolezza, per entrare nelle nostre case e devastarle”.

Così si esprimeva Sr. Josipa Kordic di Citluk (BiH), nel 1994, incontrando un gruppo di volontari italiani in Bosnia Erzegovina durante il conflitto nei Balcani (1991-1995). Cristiani e musulmani (moderati, quindi) avevano convissuto pacificamente in quella regione per lunghissimi anni, intessendo anche rapporti parentali tra le due civiltà. Dall’oggi al domani, inspiegabilmente, i cristiani si erano trovati i musulmani nemici in armi.

La suora, quindi, metteva in guardia su ciò che sarebbe potuto accadere anche in Italia, considerata la numerosa presenza (allora) di Marocchini di fede islamica.

Spero che l’intuizione di Sr. Josipa non si stia rivelando profetica.

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«Ma perché gli uomini responsabili non vedono l’invasione dell’Islam in Europa? Qual è il fine di queste invasioni? Non si ricordano più di Lepanto? Oppure hanno dimenticato l’assedio di Vienna? Non si può vedere un’invasione pacifica quando uccidono nel loro Paese islamico coloro che si dichiarano cristiani o si convertono a Cristo». «Si sta preparando qualcosa di grave contro coloro che seguono Cristo: altro che olocausto, saranno schiacciati e scacciati per colpa di coloro che hanno occhi e non vedono, orecchie e non sentono, bocca e non parlano e lasciano fare al male di fare il male»

(Bruno Cornacchiola, 17 febbraio 1999; 16 dicembre 1995 - veggente delle apparizioni delle Tre Fontane - Roma).

 

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Conosciamo bene il Corano e l'Islam?
Un sito che vale la pena visitare: Il Corano e l'Islam tra fede e fanatismo

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PARTE SECONDA

(Ripresa)


 

Dopo l'11 dicembre 2015, quali scelte?

Dopo gli ulteriori attacchi terroristici di matrice islamica in Europa, riprendo le mie riflessioni sull’attuale situazione.
Da comune cittadino devo dire che mi vedo molto disorientato e incapace di esprimere un’obiettiva valutazione sull’odierna situazione.
Sto vivendo male questo stato di cose e mi sento combattuto tra queste due scelte:

La Prima:
Condividere la teoria di alcuni movimenti anche politici, secondo la quale l’ingresso di soggetti extracomunitari deve essere regimentato in base alla motivazione del migrante ed alle capacità ricettive dello Stato accogliente e con regole ben precise.

La Seconda:

Condividere la teoria adottata da alcuni movimenti e partiti politici, ma soprattutto dalla Chiesa, secondo la quale è un dovere accogliere tutti indistintamente, senza alcun pregiudizio.
E’ questa seconda scelta (quella suggerita dalla Chiesa) che mi provoca disagio e, non mi vergogno a dirlo, una particolare sofferenza interiore, perché in conflitto con la mia coscienza, la quale mi spinge a vedere le cose in maniera diversa, forse più razionale ed obiettiva. (
1)

Da un lato vi è il desiderio di aderire alle indicazioni dei Pastori, dall’altro, invece, tende a prevalere in me l’obbligo morale di dare ascolto a ciò che mi suggerisce la coscienza e che ritengo più giusto.

 

Ulteriori considerazioni

Ho tentato, nel mio piccolo, di fare alcune ulteriori considerazioni:

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1. Dal punto di vista sociale e politico:

Per formazione mentale sono portato d’emblée a condividere pienamente la prima delle due scelte, per varie ragioni che tenterò di spiegare.

Purtroppo, ciò di cui i nostri politici e amministratori si sono resi responsabili, è di non aver provveduto né da subito, né in seguito alle prime ondate di migranti approdati sulle nostre coste, ad organizzare un razionale ed idoneo sistema di prima accoglienza che consentisse la sollecita identificazione dei nuovi arrivati e una rapida e seria valutazione di ciascun caso e di ciascun soggetto per un più mirato e civile intervento.

Un esempio tra i tanti: il rilevamento delle impronte digitali in assenza di altri documenti, che così tante assurde polemiche ha suscitato, è un mezzo di riconoscimento pari a qualsiasi altro documento, se non addirittura più efficace perché univoco. 

Inoltre, un preliminare e obbligatorio controllo sanitario del soggetto avrebbe consentito di valutare il suo stato di salute e l’eventuale necessità di sottoporlo a idonee cure, senza trascurare il dovere, da parte dello Stato, di preservare la comunità accogliente dai rischi di eventuali contagi di malattie magari già da tempo debellate in Europa.

Una volta accertato il suo status (di rifugiato, di soggetto in cerca di occupazione, ecc.), l'organo competente avrebbe dovuto decidere in tempi ragionevolmente brevi sulla sua destinazione in base alle convenzioni internazionali. Se autorizzato a rimanere nel nostro territorio, sarebbe stato anche opportuno dotare il migrante di un vademecum multilingue con le indicazioni dei suoi diritti e dei suoi doveri e delle conseguenza in caso di inosservanza delle convenzioni stabilite.

Solo gli incompetenti e/o gli irresponsabili hanno potuto definire umiliante questo tipo di interventi che, invece, avrebbe positivamente qualificato l’accoglienza, perché seria e rispettosa dei diritti civili di ambo le parti: quella richiedente e quella accogliente. Tutto ciò non è stato adottato fin da subito.

A parte gli interventi improvvisati e raffazzonati e le conseguenti ignobili e vergognose situazioni che tutto il mondo ha potuto vedere (migranti scaricati dai bus per la strada, lasciati notti intere in balia di loro stessi negli autobus parcheggiati nei piazzali, o abbandonati per giorni sugli scogli al confine di Ventimiglia…), si è deciso in maniera informale, ma grave, perché premeditata, di non procedere all’identificazione di tantissimi di loro, consentendone lo stato di clandestinità, così che potessero raggiungere altri stati europei senza vincolare l’Italia alle convenzioni stabilite.

Alla luce di queste riflessioni posso concludere che, sotto l’aspetto sociale-politico, per l’ignavia dei nostri governanti la situazione appare ormai irreversibile.

Abbiamo in circolazione nel nostro territorio un numero sconosciuto, ma rilevante, di persone di cui non conosciamo l’identità, la provenienza, la dimora, l’occupazione, ecc., che noi definiamo con il generico termine di clandestini. La maggior parte di queste persone è costretta a vivere di espedienti, emarginata e confinata nelle periferie delle grandi città o costretta a lavorare alle dipendenze di imprenditori senza scrupoli, sottopagata, comunque nell’illegalità anche per il solo fatto di essere clandestina. Per non parlare poi di numerose organizzazioni  e cooperative che dell’accoglienza fanno un business a dir poco vergognoso.

Tutto questo non ci fa assolutamente onore.

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 2. Dal punto di vista religioso:

Non riesco a concepire un ingresso non regimentato di masse indefinite di persone, anche se ufficialmente provenienti da zone di guerra o di estrema povertà.

Il disordine e l’assenza di regole almeno elementari non permette di garantire un’accoglienza dignitosa, efficace, civile e rispettosa della dignità umana.

La persona che si trova nel bisogno va aiutata senza ombra di dubbio e, nell’emergenza, va soccorsa anche se non si conosce ancora la sua reale identità. Questo lo richiede il dovere della solidarietà in genere e ancor più dall’amore verso il prossimo secondo il consiglio evangelico.

 

Se tutto ciò va attuato in prima battuta, cioè quella dell’emergenza e dell’imminente pericolo di vita, non può essere escluso, tuttavia, il successivo dovere di osservare e di far osservare le regole perché:

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  1. Le regole sono la spina dorsale di qualsiasi aggregazione sociale.

  2. L’etica morale della sussidiarietà vale per tutti, prescindendo dal colore della pelle, dalla religione praticata e dal pensiero politico, ma per poter attuare questo gesto di generosità abbiamo il diritto di:

    • sapere chi è colui che ci chiede ospitalità (se entri a casa nostra, desideriamo sapere chi sei…)

    • conoscere i reali motivi della sua richiesta (sei un bisognoso, scappi da una guerra, stai cercando un futuro migliore, oppure …?.), perché ogni caso ha una sua priorità ed un suo iter concordato a livello internazionale.

    • valutare se questa presenza può costituire un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica (non solo per l'incolumità fisica, ma anche per la salvaguardia dei nostri beni materiali, della nostra cultura, delle nostre tradizioni e, soprattutto, della nostra religione cristiana. 

Inoltre: 

  • sarà disposto ad accettare le regole delle nostre comunità, oppure pretenderà che noi gli riconosciamo le sue, anche se in contrasto con le nostre?

  • sarà consapevole della sua condizione di ospite e che nulla gli è dovuto più di quanto non siamo in grado di offrirgli liberamente?

  • saprà rispettare le nostre tradizioni religiose o pretenderà di imporre le sue e/o alienare le nostre?

Se penso a tutto questo, allora, dal punto di vista della ragione ritengo che questo secondo tipo di scelta sia profondamente sbagliato e del tutto ingiustificato. Tuttavia, è una scelta caldeggiata dalla Chiesa che, fedele all’insegnamento evangelico, chiede di accogliere tutti indistintamente.

 

Ma è veramente questo che intende il Vangelo?

E sulla questione della diversità di religione, cosa si può dire?

In riferimento agli immigrati musulmani sappiamo, perché ne abbiamo già riferito in precedenza, checché si voglia far credere, vi è incompatibilità tra le due religioni.
E cosa ancora possiamo dire del nostro obbligo di diffondere e difendere la nostra fede con la parola e con l’opera come veri testimoni di Cristo? (
2)
Se non siamo in grado di diffondere la nostra fede, perché siamo testimoni ormai poco o per nulla credibili (ce lo rinfacciano anche i musulmani), almeno sforziamoci nel difenderla.

Mi amareggia il continuo e progressivo abdicare ai nostri doveri per favorire direttamente o indirettamente l’espandersi di una religione che persegue finalità opposte a quelle del cristianesimo.  

Se questa scelta viene adottata da organismi laici, già fa male e preoccupa, ma quando è tollerata o addirittura ritenuta buona da chi, invece, dovrebbe custodire il gregge affidatogli dalla Provvidenza, allora mi si stringe il cuore e mi chiedo cosa sia possibile fare per ritornare alle nostre radici cristiane.

Ed è appunto alla fonte, alla Parola, nella quale posso attingere un po’ di quella luce che mi consente di orientarmi nella mia esperienza umana e cristiana.

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…dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente…(Is 58, 7)”.

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Se il dovere di accogliere chiunque si trovi nel bisogno non è assolutamente messo in discussione, non deve, invece, sfuggire la precisazione “senza distogliere gli occhi dalla tua gente”.

Cosa significa questo? Forse che prima devo riempire per bene il mio stomaco e quello della mia gente e poi quello che avanza darlo ai migranti?  No, non sarebbe “dividere il pane…”.
“Senza distogliere gli occhi dalla tua gente” per me significa “senza privare la tua gente del necessario”, cioè, senza privare la tua gente dei suoi diritti essenziali di libertà e di democrazia e, non ultimo, della sicurezza sociale.
Dal punto di vista assistenziale, poi, possiamo osservare come vengano stanziate quote pro capite sproporzionate per l’accoglienza di soggetti che non hanno diritto di asilo e che sono entrati nel nostro territorio illegalmente, rispetto a cittadini italiani che vivono in stato di indigenza perché hanno perso il lavoro, o sono inabili, anziani…  Paradossalmente, secondo il mio punto di vista, in questo caso si concretizza una forma di ingiustizia.(
3)

 

Una piccola digressione

Secondo me, questa è un'epoca nella quale molte nostre comunità cristiane si trovano a sperimentare uno stato di debolezza spirituale, di vera e propria anemia della fede, incapaci di resistere alle pressioni del male.
Stiamo adattando progressivamente la Parola di Dio alle nostre aspettative. Poniamo l'uomo prima di Dio, la creatura prima del Creatore. In questo clima dilagano false dottrine, insane interpretazioni della Parola, liturgie bizzarre, banalizzate o ridotte a mero folclore. I Pastori appaiono sempre più pavidi nella difesa del proprio gregge e lasciano porte aperte ai lupi rapaci, quando non sono essi stessi lupi travestiti da pecore (la pedofilia non ci dice nulla?). Non osano chiamare pubblicamente il peccato con il suo vero nome. Non hanno il coraggio di "tuonare" dai pulpiti per denunciare che il malcostume, l'adulterio, la convivenza, il divorzio, l'omosessualità ostentata e praticata,  la pornografia.., sono peccati gravi che feriscono il Corpo Mistico di Cristo, di cui noi battezzati facciamo parte.  Forse temono di perdere consensi? Ma non sanno che dei loro silenzi dovranno un giorno rispondere a Dio?

Perché queste comunità cristiane sono così narcotizzate dal male, tanto da non percepirne la gravità? 

La risposta la potremmo ricercare nel fatto che, da decenni, non si percepisce più neppure il turbamento dello scandalo, che un tempo era motivo di vergogna per coloro che lo procuravano e, per gli altri, brutto esempio da evitare.  

Così è avvenuto, per esempio, per i primi casi di convivenza more uxorio, come marito e moglie senza il sacramento del Matrimonio.

I sacerdoti, con la scusa di evitare, a loro dire, di esprimere giudizi, si sono astenuti dal mettere in guardia i fedeli sulle conseguenze deleterie che tale scelta comporta per la morale cristiana. 

Va precisato che nessuno si è mai aspettato i loro giudizi sulle persone, ma almeno l'affermazione che una simile decisione di vita è peccato.  Si tratta, per lo più di peccato grave, mortale, nel quale coesistono le tre condizioni previste: materia grave, piena consapevolezza e consenso deliberato.  Con questi presupposti si perde la grazia, e, anche se si è brave persone, che fanno del bene, che aiutano il prossimo, ecc., si perde la capacità di acquisire i meriti per la salvezza eterna.  Solo il sacramento della Riconciliazione e il desistere dal peccato fanno sì che si riottenga questa grazia. 

Purtroppo, con il trascorrere degli anni, anche le nostre mamme, che costituivano inizialmente un valido baluardo contro queste tentazioni dei figli e delle figlie, hanno finito col cedere, rassegnandosi al fatto che "ormai fanno tutti così", normalizzando di fatto ciò che normale non è davanti a Dio.

Quando una comunità si trova in una simile situazione, incapace di resistere alle pressioni del male, c’è solo da supplicare Dio che faccia sorgere figure di pastori santi, che difendano il gregge dai lupi rapaci.

 

Ripresa

Vogliono convincerci che i musulmani sono comunque nostri fratelli? Ci spieghino in che senso, dal momento che solo il sacramento del Battesimo ci rende figli di Dio e ci abilita a chiamarlo Abbà-padre.

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Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.

A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome

(Gv 1,11-12)

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Solo coloro che sono stati generati da un unico Padre mediante il battesimo possono definirsi fratelli tra di loro.  

E’ importante questa precisazione rispetto ad una più generica interpretazione di fratellanza in quanto tutti “creature” di Dio (4).

La convivenza, in senso lato, tra cristiani e musulmani, inutile argomentare, rimarrà sempre critica, perché sarebbe come mettere assieme il lupo e l’agnello. Il lupo, per sua natura, tende ad aggredire. L’agnello, per sua natura, è mansueto. Prima o poi l’agnello finirà per essere vittima del lupo.

L’Islam predica e pratica (o induce a praticare) gli insegnamenti del Corano alla lettera, compresi quelli violenti, a prescindere dal fatto che li ritenga giusti o ingiusti, e questo perché lo dice il profeta Maometto. Il cristianesimo, invece, si impegna a mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo non solo perché sono parola del Signore, ma perché li ritiene buoni e giusti.

Allora - chiedo - hanno senso i tentativi di instaurare relazioni interreligiose con i Musulmani? Secondo me è tempo sprecato!

Se i musulmani avessero incontrato comunità cristiane ferventi, praticanti, oltre che accoglienti, probabilmente avrebbero scoperto la ragione della fede in Cristo.

“…Che non fraintendano il nostro amore per nostra debolezza…” ci aveva ammonito Sr. Josipa Kordic' e, aggiungo io, “… o per tacito riconoscimento della supremazia dell’Islam sul Cristianesimo”.

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A volte mi chiedo che tipo di cristiani siamo noi, che ci indigniamo (giustamente) davanti al corpicino esanime di un bambino arenato sulla spiaggia dopo uno spaventoso naufragio, ma poi ignoriamo sistematicamente i bambini cristiani trucidati negli stati islamici; che siamo mossi a compassione e promuoviamo iniziative per aiutare queste enormi masse migratorie, mentre il sistematico sterminio di bambini innocenti nel grembo delle loro madri non ci fa muovere un passo in più per manifestare altrettanta indignazione e vergogna.

Non ci preoccupiamo neppure di individuare, tra i profughi, quelli che tra i perseguitati sono i più perseguitati, cioè i cristiani. Non avrebbero forse diritto, questi, di avere una via d’aiuto privilegiata rispetto agli altri, dal momento che fanno parte della “nostra gente” cui fa riferimento il profeta Isaia?

So di essermi addentrato in un ragionamento pericoloso, ma questo non preclude il mio impegno per giungere ad una risposta obiettiva, responsabile, seria, che sia ispirata alla Parola, senza enfasi e senza animosità.

“ …amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori ” (Mt 5,44) per me significa perdonare chi ci ha già fatto del male, ma non ci esime dall’obbligo difenderci da chi è intenzionato a farci del male.

Infatti, “Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa” (Lc 12,39). In che modo potrebbe impedirne lo scasso, se non adottando tutti gli accorgimenti necessari, uso legittimo della forza compreso?

Su, siamo seri e guardiamo in faccia la realtà. Che non ci capiti che, per un perbenismo di facciata e per la mancanza di coraggio di esprimere il nostro dissenso nelle sedi e nei tempi opportuni, mettiamo a repentaglio le nostre secolari tradizioni cristiane, la nostra fede, la nostra sicurezza e quella dei nostri cari.

 

Come si è detto, l’Islam, al di là di essere una religione che come tale andrebbe rispettata, è, soprattutto, una concezione di convivenza sociale che aspira e pretende, purtroppo con la forza e la violenza se necessarie, di imporre le proprie regole ed il proprio dominio ovunque ciò sia possibile.

Chi conosce un po’ di storia lo sa.

Nel corso dei secoli i musulmani hanno perpetrato in più occasioni violenti tentativi di invadere l’Europa e l’Occidente e sono sempre stati respinti o ricacciati in qualche modo nelle loro terre.

La conferma che il progetto espansionistico verso l’Occidente sia tutt’ora nelle loro mire la si può riscontrare dalla lettura del “Progetto”: il documento dei Fratelli Musulmani per il Jihad Culturale, Rapporto S/5/100. 1 dicembre 1982. Verso una strategia globale di Politica”(5).  Si tratta della definizione dei principali punti di partenza (ne vengono indicati 12) per una strategia globale per la politica islamica.

 

Tragiche conclusioni?

Allo stato attuale, l’Europa intera si trova in una situazione di estrema debolezza sotto ogni aspetto: culturale, sociale, politico, economico, demografico e, soprattutto, morale. Non parliamo poi di quello religioso. Questo, per il musulmani, è il momento più propizio per mettere in atto l’ennesimo tentativo di invasione (6). E’ un progetto subdolo perché fa leva sul senso di pietà, di carità, di solidarietà di una popolazione europea nella quale questi sentimenti ancora sopravvivono e la caratterizzano.

Non è da escludere, poi, che queste masse immani di migranti si muovano non di spontanea volontà, ma siano “costrette” da un’organizzazione occulta  (con il denaro, con la minaccia, con la forza, non si sa...) a spostarsi verso l’Europa, con lo scopo di popolarla fino a raggiungere una presenza importante ai fini rappresentativi politici e amministrativi, per poi imporci la Sharia.

Si pensi, ad esempio, al Belgio, che già ora annovera il 40% della popolazione scolastica di fede islamica.

 

Allora, cosa si dovrebbe fare?

Come osservato poc'anzi, dal punto di vista spirituale, l’Islam trova in questo momento anche una Chiesa notevolmente indebolita nella fede. Per questa Chiesa (intesa come un insieme di comunità di battezzati, popolo di Dio) poco testimone del Vangelo, provo profonda tristezza, ma non sconforto, anche se in certi casi (non molti, grazie a Dio) sembra emanare il lezzo di una porcilaia anziché il calore di un sicuro ovile, perché so per fede che resisterà all’imminente tempesta.

Non lasciamoci comunque intimorire. C’è sempre in mezzo a noi una Presenza viva e reale, alla quale possiamo rivolgerci per chiedere consiglio e sostegno nelle nostre scelte quotidiane. Perciò, in ginocchio, ai piedi del tabernacolo, ogni volta che sarà possibile, siamo invitati ad affidare a Gesù Eucaristia ogni nostro dubbio e ogni nostro timore, perché il problema risulta essere molto grave, fuori comunque dalla portata del nostro comprendere.

Saremo piccole gocce in un oceano costituito da un infinito numero di altre gocce. A Maria confideremo le nostre  perplessità e e le nostre angosce per il destino di questa umanità. Saprà lei, meglio di ogni altro, presentarle a suo Figlio, dopo averle purificate con le sue lacrime e la sua tenerezza di Madre.

 

Il sogno di San Giovanni Bosco

A questo punto vorrei citare ciò che S. Giovanni Bosco vide in sogno: due colonne in mezzo ad un mare in burrasca. Sulla sommità di una colonna era collocata l’Eucaristia con la scritta salus credentium - salvezza di chi crede - , mentre sulla sommità della seconda colonna c’era la B.V. Immacolata con la scritta auxilium christianorum – aiuto dei cristiani. Ancorata a queste due colonne c’era la barca di Pietro, la Chiesa, che aveva resistito all’assedio di una moltitudine di navi armate e ordinate in battaglia.

Ecco cosa dobbiamo fare: piegare le ginocchia in adorazione davanti alla SS. Eucaristia, e affidarci alla protezione della Vergine Maria con la preghiera del Santo Rosario, come fecero per la battaglia di Lepanto e per l’assedio di Vienna. Ancorati a queste due realtà possiamo ritenerci al sicuro e, nel nostro piccolo, contribuiremo a mantenere sicura la Chiesa.

 

E la questione islamica?

Per il musulmano c’è una chance: la conversione al cristianesimo.

Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.

(Mc 16,16)

Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo.
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”.

(At 4,11-12)

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Per chi ha ricevuto l’annuncio cristiano vale l'infallibile pronunciamento di Pio XII dell'8.11.1949: Extra Ecclesiam nulla salus! (7) - fuori dalla Chiesa non c’è salvezza!

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NOTE:

  1. L'uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà, per prendere personalmente le decisioni morali. L'uomo non deve essere costretto « ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso ».”
    CCC. nr.1782.

  2. I fedeli, incorporati nella Chiesa col battesimo, sono destinati al culto della religione cristiana dal carattere sacramentale; rigenerati quali figli di Dio, sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa. Col sacramento della confermazione vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’opera, come veri testimoni di Cristo.”
    Cost. Dogm. Lumen Gentium, II, 11 (Conc. Ecum. Vatic. II).

  3. Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.”  
    CCC. nr.1782.

  4. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!  L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo
    Gal. 1,8-11)

  5. S. BESSON, La conquête de l’Occident: Le projet secret des Islamistes,
    Paris, Le Seuil, 2005, pp.193-205.

  6. Tentativo più recente risulta essere quello della guerra nei Balcani: dopo la morte di Tito (1980) - presidente della ex Federazione di Jugoslavia – e la caduta del muro di Berlino (1989) – cominciò a manifestarsi il desiderio di autonomia da parte dei singoli Stati confederati, con ineluttabili proprie strategie espansionistiche. In queste condizioni di debolezza e di confusione dovute all’instabilità politica del momento, i Bosniaci (musulmani) tentarono il colpo di mano per cacciare i Croati (cristiani) dall’Erzegovina. Il conflitto interessò tutto il territorio dell’ex Jugoslavia con indicibili massacri dal 1991 al 1995, soprattutto tra Serbi, Croati e Bosniaci. (ndr)

  7. «Ora tra le cose che la Chiesa ha sempre predicate e che non cesserà mai dall'insegnare, vi è pure questa infallibile dichiarazione che dice che non vi è salvezza fuori della Chiesa»
    (Pio XII, Lettera al Sant'Officio, 8/11/1949.

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Ingresso incontrollato dei migranti in Italia

riflessioni sui possibili problemi sociali e religiosi con l'Islam

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